Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo questo scritto dell’Associazione Nazionale Docenti AFAM, ringraziando il Professor Antonio Caroccia, docente di Storia della Musica al Conservatorio Santa Cecilia di Roma, Responsabile del settore degli insegnamenti musicologici della Società Italiana di Musicologia e componente del consiglio direttivo della SIdM.

«La bellezza del futuro è poliedrica». Così Michele Placido concludeva uno spot del MIUR dedicato all’AFAM, apparso all’improvviso nel 2019 e subito scomparso. Tutti sanno cosa sia un’Università, ma chi sa cos’è l’AFAM? Chi sa che dietro questa sigla ci sono migliaia di professori e decine di migliaia di studenti?

Per riportare il sistema dell’istruzione artistica al posto che gli compete nel dibattito politico nasce ANDA-Afam, l’Associazione Nazionale dei Docenti Afam.

Sono trascorsi ormai ventidue anni dalla legge 508/99 che ambiva a portare le nostre scuole di musica (i Conservatori) e d’arte (le Accademie di belle Arti, l’Accademia nazionale di Arte drammatica, l’Accademia di danza) al livello di quelle europee, ripensandone i piani e i modelli di studio, e avvicinandole all’Università, così come era prassi all’estero da tempo: ma in tutto questo tempo pochissimo è stato fatto. E così quella che doveva essere una rivoluzione si è rivelata soltanto una facciata, corroborata nel 2019 dallo spot del tutto fine a se stesso del MIUR, affidato a Michele Placido.

Lo sbocco naturale della riforma — l’Università — è un miraggio sotto tutti i punti di vista: al momento il comparto non possiede fondi per la ricerca, per non parlare dell’equiparazione negata sia ai docenti sia ai titoli degli studenti. Una bella idea lasciata a marcire in mezzo a un guado, come tante cose in Italia.

ANDA è un movimento che nasce dal basso, dai docenti prigionieri di un meccanismo inceppato e di una riforma mai veramente compiuta che vogliono mettere mano al loro futuro e al futuro dei loro insegnamenti. Viviamo un frangente temporale in cui un virus ha silenziato la musica e l’arte in tutto il mondo: ma la ripresa avverrà presto e dobbiamo farci trovare preparati, battendoci sin d’ora — anzi approfittando di questo momento di calma apparente — per migliorare le nostre condizioni di lavoro e le prospettive di impiego degli studenti che a noi si affidano con fiducia. Vogliamo che la politica torni ad occuparsi di questo settore che costruisce il futuro della grande arte italiana, e gli restituisca la centralità che gli spetta.

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